Rabbia ..come rispondere

Cosa fare di fronte all’ira funesta del pelide Achille?

…quando le parolacce, le offese, le urla non finiscono più, e siamo coinvolti in un turbine di rivendicazioni, accuse, aggressioni, si spera, solo verbali?

Le tecniche psicologiche per gestire la rabbia altrui sono infinite, ma è curioso come anche da altre parti suggeriscono più o meno le stesse cose, anche se con termini leggermente diversi.

Anche dalle dimensioni sottili intorno a Venere, il famoso complesso Q’uo, vengono consigli ed atteggiamenti di salvaguardia da applicare in tali casi.

Innanzi tutto viene indicata l’accettazione di quanto accade, cioè della rabbia altrui, come tassello fondamentale per il … “dopo” rabbia.

La reazione di ognuno di noi è figlia del proprio temperamento, per cui si passa dal rifiuto e feroce contrattacco, alla tacita sopportazione della sofferenza profonda delle parole, che feriscono la propria dignità ed autostima.

In entrambi i casi si porrebbero delle basi di rancore, pensieri di “vendetta”, e necessità di rivalsa che minerebbero tutte le comunicazioni ed interazioni successive con tale persona.

Diventa indispensabile la capacità di centrarsi su si sè, e richiamare verità assolute che però si padroneggiano solo con la pratica e la convinzione interiore.

Quella di base è che ogni avvenimento, ogni situazione, in sè e per sè, non è caricata emozionalmente, ma è la risposta, la reazione all’evento che è caricata emozionalmente.

Infatti, è chi vuole o deve sperimentare la rabbia, che ha la responsabilità di tale rabbia, e lo stesso vale per chi si trova al centro della rabbia altrui.

Pertanto, a seconda della polarità acquisita durante le esperienze fatte durante le precedenti incarnazioni, ci troviamo ad essere generatori di rabbia, nostra, che proiettiamo su altri, i quali reagiscono secondo la loro rabbia interiore, o intuito superiore.

DA Q’uo vengono dunque conferme del fatto che prima di questa particolare vita, abbiamo già formato un certo tipo di personalità, cioè di abitudine a reagire alle situazioni, in un modo piuttosto che in un altro.

Ne deriva, anche, che questa nostra ulteriore esperienza incarnativa ci dona la possibilità di riscontrare lucidamente le pulsioni del nostro interiore, decisamente inconscio, e quindi di modificarlo.

In che modo? Secondo quanto vogliamo essere o non essere, nel rispetto del libero arbitrio.

Perciò, chi sperimenta ed esprime la rabbia, ha la responsabilità di affrontare quella rabbia e le sue cause.

Chi percepisce la rabbia, ha la responsabilità di affrontare le emozioni che emergono come risultato dell’esperienza della rabbia dell’altro.

Così, se si può tenere a mente e in prospettiva ciò che riguarda la propria responsabilità, questo è un lavoro molto utile.

Non c’è dubbio che queste entità “esterne” al nostro mondo, abbiano una visione diversa del senso da dare al “lavoro” che noi pensiamo di dover svolgere qui da noi.

Anzi, del quale noi cerchiamo di capire che senso possa avere.

Concetti nuovi?

Ma qui aiuta un altro concetto, questo terreno, per sostenere il peso delle emozioni che entrano in gioco durante le interazioni con i nostri simili.

Sarebbe da approfondire, e lo farò, ma qui basti dire che c’è chi pensa che tutti i problemi emozionali che ci troviamo ad affrontare ongi giorno, derivino tutti dai rapporti interpersonali.

Cioè siamo noi stessi che ci rompiamo le scatole ogni giorno a vicenda, invece di comprendere che potremmo darci una mano a semplificarci la vita reciprocamente….

… riconoscendo che ci sono cose che dipendono da noi, e per le quali siamo responsabili direttamente, e altre che competono agli altri, ai quali dobbiamo lasciare la responsabilità di sbrigarsela.

Con i loro vecchi sistemi … :))

Per Esempio …

Sembra l’uovo di Colombo, ma vi assicuro che non è facile, e vi faccio un esempio.

Io non voglio fare una certa cosa, e sono pressato enormemente da tutto il mondo esterno, a farla.

Facendo parte della società ed essendo un animale istintivamente sociale, sento il peso enorme, schiacciante, di questa situazione, che mi estrania, mi limita, mi separa dal contesto sociale abitudinario, in moltissimi modi.

Ma queste sono reazioni emotive mie, che nascono dal confronto con il concetto di normalità della vita, come fissato dal pensiero collettivo, e dal quale sono più o meno condizionato.

La mia sofferenza quindi è indotta dalla mia più o meno forte pressione interiore ad essere accettato, ed essere in linea con quello che gli altri fanno, pensano, hanno, in più o in meno, rispetto a me stesso.

Metto quindi in campo tutti i miei complessi di superiorità, pressioni al controllo, sensi di inferiorità o di indegnità, o di egoismo, che tale situazione possa tirare in ballo.

Pertanto io di certo devo affrontare questo a casa mia, ma la risposta è semplice: io, chi voglio essere, cosa voglio fare?

Io voglio essere LIBERO, nella mia mente e nel mio cuore, mi piace essere utile, contribuire al bene-stare di chi ne necessita, e me ne prendo la responsabilità.

Tutto il resto, la mia “degnità o indegnità”, il mio “essere in regola o al di fuori delle regole degli altri”, è un giudizio sotto la responsabilità degli altri, e pertanto sono gli altri a dover gestire la loro risposta emotiva a questo.

Si chiama divisione dei compiti, che sfocia alla fine nella libertà e felice convivenza con la mia verità interiore.

Il coraggio di NON piacere

In altre parole cerco di coltivare il coraggio di non piacere agli altri, … ma a me, perchè qui e ora, in ogni momento, sto facendo la MIA vita, non quella degli altri.

C’è confusione, c’è rabbia, c’è dubbio, ci sono prezzi da pagare, certo, ci sono molte emozioni che entrano in gioco quando ci si relaziona con un altro o con altri.

In un certo senso non c’è sicurezza, poiché si è sempre vulnerabili, quando ci si apre al contenuto di ogni nuovo giorno.

Ma d’altro canto c’è solo sicurezza, e non può essere fatto alcun danno, poiché ognuno è un’entità eterna e tutto il danno apparente è solo quello che esiste nel momento, in Maya.

Ed è la nostra scelta, la nsotra risposta emozionale al catalizzatore, (i Q’uo lo chiamano così), l’evento da fronteggiare per una crescita futura e per il rafforzamento della Coscienza del Sé.

Direi che, per consigliare di prendere la vita in modo meno SERIO, meno PESANTE, di riderci sopra perchè sono più i lati comici di quelli drammatici, …

… basto anche io, da qui, senza Venere.

Se ci pensate bene, … bene bene, … ma molto bene, … con calma… alla fine, … al massimo … … …

E poi si ricomincia la scalata .. al Sè, con i compiti di prima ancora da fare, e questo sì che lo confermano loro, da Venere, :), per cui …

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