Nessuno può evitare di porsi il problema di Dio.
Un tale Essere esiste davvero ? E se esiste, come e dove possiamo trovarlo ?
Qual è la verità al di là delle risposte che fino ad oggi ci siamo dati, o al di là della confusione in cui ci troviamo?
Che l’esistenza di Dio sia spesso messa in dubbio, e che l’uomo raramente sia in grado di avvertirne la presenza divina, forse sono il risultato dell’immagine distorta che molti esseri umani ne hanno.
Da dove nasce questa distorsione?
UN FALSO CONCETTO DI DIO
Noi entriamo in conflitto con il concetto di Autorità molto presto durante la nostra vita, direi proprio da bambini.
Da bambini, infatti, impariamo, o ci fanno imparare, che esiste una autorità superiore, da amare o da rifiutare, in ogni caso con cui fare i conti.
Ecco che le esperienze soggettive del concetto di autorità, piano piano, vengono proiettate sull’immagine che ci costruiamo in tenera età sia dell’Autorità che di Dio, la maggiore delle autorità.
In questo modo si arriva a conclusioni sbagliate che fissano nell’inconscio convinzioni distorte che ci portiamo dietro fino all’età adulta.
COME SI FORMA
Appunto dal come viviamo l’autorità da piccolini: come ostile, quando ci è stato proibito di fare qualcosa di piacevole, oppure come amichevole quando ci hanno consentito di vivere nella totale indulgenza.
Di fronte a questi due opposti, il nostro inconscio ha adottato la reazione adeguata a gestire o l’uno o l’altro, a seconda di quale due tipi fosse esercitato nel nostro ambito familiare.
Normalmente è spesso una via di mezzo, ma il nostro inconscio sviluppa le stesse emozioni così sperimentate anche verso l’immagine divina, e quindi il nostro Dio diventa una forza severa e punitiva, perfino ingiusta, da combattere.
Le nostre infantili frustrazioni o paure, inconsciamente vengono proiettate anche sul Dio/Autorità somma, con la mediazione dei nostri genitori.
Che senza nemmeno saperlo, ricalcano su di noi le loro paure, frustrazioni o anche semplice ignoranza, in ogni occasione nella quale c’è la proibizione a fare le cose che ci davano, e danno, maggior piacere.
Ergo, tutto ciò che costituisce fonte di piacere è soggetto alla punizione (dei genitori, cioè…) di Dio, la più alta e severa delle autorità.
ALLONTANAMENTO O SOTTOMISSIONE ?
Nel corso della nostra vita, poi, sia nell’infanzia, che in età adulta, è impossibile non venire in contatto con l’ingiustizia umana, soprattutto se le ingiustizie sono perpetrate da persone che sono in posizione di Autorità.
Che automaticamente associamo, a livello inconscio, alla nostra immagine di Dio, la quale acquisisce sempre più la veste di una autorità ingiusta, aumentando paure e rabbia repressa.
Le reazioni umane sono in questi due termini, o ci si allontana definitivamente e si elimina tale mostro dalla nostra vita oppure, all’altro opposto, lo si subisce.
E ci sottomettiamo ad un Dio severo, ingiusto, distante e perfino crudele, di cui abbiamo paura.
Ma inserire questa sensazione nel proprio inconscio fa scattare i meccanismi inconsci per tentare di blandirla ed ottenerne i favori.
Infatti il ragazzino che ottiene dai genitori, che lo adorano, tutto ciò che vuole, risposta ad ogni capriccio, poi non comprende alcun senso della responsabilità di sè e sviluppa l’idea di poter fare tutto ciò che vuole.
Ecco che il Dio diventa una autorità benigna, cedevole, buona, misericordiosa ed amorevole, che consente anche di barare nella vita, di evitare ogni tipo di responsabilità, all’inizio.
Questa convinzione, infatti, lo porta a conflitti enormi con gli altri e con gli eventi della vita, fino a generare reazioni a catena di paura, rabbia e rivendicazione dal non riscontrare la bontà e “cedevolezza” del Dio magnanimo, e a scoprire la falsità di questa immagine inconscia di un Dio che elargisce tutto in modo scontato.
IL LAVORO DA AFFRONTARE
Nella nostra Anima possono coesistere molte suddivisioni e combinazioni di queste due categorie principali, ed anche lo sviluppo raggiunto sotto questo profilo nelle incarnazioni precedenti ha la sua influenza sulla psiche.
Psiche che possiamo definire Ego, Personalità, forse anche solo la nostra idea di noi stessi e di come la proiettiamo all’esterno e di come vorremmo che fosse accettata, rispettata, persino idolatrata dagli altri esseri umani.
In diversi testi di stampo esoterico, l’Ego viene anche definito il veicolo con il quale noi sperimentiamo il “senso della separazione dal Creatore”.
Il risultato è una grande confusione interiore, per cui diventa molto importante scoprire quale è la nostra immagine personale di Dio.
Questa immagine è fondamentale e determina per tutta la vita sia le altre immagini, che i nostri comportamenti e le nostre attitudini.
Non facciamoci trarre in inganno da ciò che pensiamo a livello cosciente, piuttosto cerchiamo di analizzare le nostre paure e le nostre aspettative nei confronti della vita, le nostre reazioni emotive verso i nostri genitori, gli altri e verso l’autorità in generale.
In questo modo potremo gradualmente scoprire cosa SENTIAMO per Dio, e non cosa PENSIAMO di Lui.
L’intera gamma del vissuto con i nostri genitori, dalla crudeltà più mostruosa alla più amorevole cura, si riflette sull’immagine che ne abbiamo, che rimane un termine di confronto per la nostra anima, che ha formato e contiene il nostro inconscio personale.
E’ in questa immagine di riferimento, che la nostra personalità proietta sia il senso di impotenza e la disperazione, che la tendenza ad essere indulgenti con noi stessi, fino al rifiuto di assumerci le nostre responsabilità, nella speranza, alla fine, che sia un Dio caritatevole a prendersi cura di noi.
COME CAMBIARE QUESTA “FOTO” INCONSCIA DEL DIVINO?
Modificare questa immagine scolpita nel nostro inconscio richiede molta onestà e dolcezza.
La misura di quanto siano invadenti concetti inconsci errati si ha nel momento di presa di coscienza che la nostra mente ci fornisce certe informazioni, ma le nostre emozioni non sono coerenti con esse.
Allora la giusta domanda ci riporta proprio all’infanzia, quando per ogni cosa ci nasceva alla bocca il “perchè”?
Di fronte ad una mente egoica che ci informa di quanto stiamo facendo il massimo per la nostra immagine, e la risposta della nostra coscienza che ci dà le sensazioni del dolore, e della insoddisfazione, è necessario chiedersi il perchè.
Non il COME fuggire, ritornale alla “normalità”, ma perchè in noi esiste un simbolo di perfezione, di autorità, di potenza, che ci ritorna un confronto perdente, di sofferenza, di inadeguatezza, di mancanza, di inferiorità.
Oppure, all’opposto un senso di indipendenza, arroganza, indifferenza, libertà, che non regge lo scontro con il tempo, con la possibilità di fare persistere tali sensi di supremazia sul destino.
Abbiamo la necessità di osservarci, con calma, di conoscerci, di dare tempo alle nostre emozioni e sensazioni di adattarsi al cambiamento della nostra mente, dei nostri meccanismi di gestione della nostra stessa personalità.
Dobbiamo accettare il fatto che le nostre emozioni hanno bisogno di tempo per riadattarsi, ed accettare la nostra atavica resistenza a cambiare e a crescere.
Il nostro sé inferiore è molto astuto. Dobbiamo essere saggi con lui.
Troppo spesso, siamo portati ad attribuire a Dio le ingiustizie del mondo.
Se siamo convinti di essere vittime di un’ingiustizia, la migliore risposta è quella di esaminare la nostra vita e di
scoprire in che modo contribuiamo a creare ciò che ci sembra tanto ingiusto.
E a questo risponde sempre e solo una domanda, quella che richiede onestà e dolcezza: perchè mi capita questo?
Quanto più comprendiamo la forza magnetica delle immagini inconsce ed il potere di tutte le correnti psicologiche inconsce, da noi stessi create, fraintese, mantenute, ed agite nel tempo, tanto meglio potremo capire e sentire la “verità” di noi stessi.
Regalandoci infine un vero atto di amore, convincerci profondamente del fatto che non esiste ingiustizia, ma che vi è sempre una relazione di causa ed effetto fra il nostro mondo interiore e quello esteriore.